Cosa definisce un artista? La sua capacità di creare opere d’arte? La sua preveggenza? Difficile in questo 2021 ancora tormentato da pandemia, crisi economica mondiale, rispondere a una domanda del genere. Voglio provarci lo stesso. Intanto va capito se la musica, e intendo quella leggera – di certo non Morricone o Einaudi – vada considerata un’espressione artistica. In merito nutro seri dubbi (compresa la mia di musica, ovviamente). Da un paio d’anni la cosiddetta “musica leggera” andrebbe chiamata intrattenimento, a parte rare eccezioni. La musica leggera contemporanea non cerca di fare riflettere, né di stimolare le menti, tantomeno ha pretese di cambiare il mondo. Si parla in genere di cazzate, diciamolo. Persino l’amore, il tanto agognato amore che ha regnato sovrano fino a metà degli anni ’70 è stato messo in cantina prima dai cantautori e poi definitivamente abolito (anche qui tranne rare eccezioni) dalla sovraesposizione fotografica di Instagram. Vogliamo parlare di TikTok? Meglio di no. La musica è diventata un accessorio, bisogna farsene una ragione. Quindi, in base a questa premessa, la musica non avrebbe più nulla a che fare con l’arte. 

La banalità dei testi della maggior parte dei brani che sono nelle classifiche dello streaming è lì a testimoniarlo. Per non parlare dei suoni, delle chitarre scordate, delle voci improponibili, dei “finti sporchi”, dei “finti pusher”, di quelli che cantano con l’accento romano anche se sono nati e vivono a Bassano del Grappa. insomma, la fiera del fake. 

Non agli occhi quasi innocenti degli under 16, che bevono tutti più delle oche del Campidoglio.

Domanda: quindi l’artista non ha alcun obbligo morale? Ho già dibattuto questo tema, qualcuno ha anche riso, o sorriso. Del resto chi lo ha fatto rientra nelle categoria delle persone senza morale, quindi nessuna meraviglia da parte mia.

Voglio andare nello specifico: l’artista, secondo voi, per essere tale, può sfuggire la contemporaneità? Può evitare di parlarne? Può rifugiarsi dietro il facile scudo dell’intrattenimento? Purtroppo la risposta è SI’. 

E su questo io non sono d’accordo. Non si parla d’amore perché si ha paura di apparire deboli. Non si parla di temi sociali, vedi la voce ambiente, perché si teme di non essere abbastanza interessanti. Non si parla esplicitamente di sesso perché si ha paura di apparire volgari. Quindi di cosa si parla? Il tema di 95 brani su 100 è L’AMORE IN BILICO. Tristissimo. Storie di gente che si prende e si lascia, che scopa senza amore, o che ama (ama non si può dire, fa vecchio, diciamo “si vuole bene”) ma non scopa. C’è da stare allegri? Tutt’altro. Non a caso esistono playlist che si chiamano “Indie triste” (ma che cazzo, esci e divertiti, no?).

Ecco la mia tesi, condivisibile o meno, fate voi.

L’artista per essere definito tale non può sfuggire all’obbligo di trattare la contemporaneità (vado a capo).

L’artista per essere tale non può parlare di niente per pararsi le spalle, troppo facile.

Un artista vede e prevede, uno tipo Bob Dylan, per dire. O Lennon. O Bowie. Ma anche Battisti, e Dalla, e Battiato, e Fossati, e De Gregori e De André. L’indie triste ti mette tristezza spesso perché non ha argomenti. Montale aveva argomenti. Pasolini ne aveva pure troppi. Picasso non ne parliamo. Wagner ne aveva da vendere, e così Fidia, fino ad arrivare ad oggi. 

Si può durante una pandemia che dura da più di un anno evitare di cantarne o di scriverne?

Pare si possa. Sembra più opportuno. Si può non parlare di chi non riesce ad arrivare alla fine del mese? Pare di sì. Si può non parlare del disastroso DISAGIO PSICOLOGICO che questa pandemia ha creato? Pare di sì. Eppure, meno di un anno fa, fioccavano brani inneggianti allo slogan becero quanto infantile “Andrà tutto bene”. Il famoso positivismo cosmico, che il correttore automatico mi ha giustamente aggiustato in “positivismo comico”.

Ho finito. 

Poi ognuno come sempre ascolterà quello che più gli piace, il cantante che segue da 20 anni, il cantante del momento, quello più eccentrico in Riviera, quello che si nasconde dietro frasi come “siamo giovani, non vogliamo avere problemi”. Come in tutte le cose della vita ognuno ha la musica che si merita.

Eviterei solo di usare parole come talento, o artista, riferite a persone e/o brani che di artistico (dalle note, al testo e alla produzione) non hanno nulla. Sarebbe più corretto, almeno secondo il vocabolario.

Non sei un artista se non fai arte. La musica leggera non è più arte? Sul ponte sventola bandiera bianca e “minima immoralia”? No, quella è solo la facciata. Ci sono ancora un sacco di artisti in giro, e tanta ottima musica. Solo che ce la dobbiamo andare a cercare. La maggior parte di quella che viene, diciamo così, proposta in tutte le salse, si chiama business. Manca di sincerità. E si sente. Magari tra sei mesi cambierà tutto, non è impossibile. Del resto Barack Obama, che è afroamericano, è stato eletto per due volte Presidente degli Stati Uniti. Poi è arrivato Trump, e ci ha messo del suo. Ora c’è Biden. Tornando alla musica, tenete le orecchie aperte: vedremo, o meglio, ascolteremo. 

Ciao!

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